Il Teatro Argentina uno dei piú belli d’Italia – la Storia

Il Teatro Argentina, che si apre su largo di Torre Argentina al civico 52, è uno dei più belli e meglio conservati teatri italiani. La struttura risale alla prima metà del Settecento: appartenente all’epoca alla famiglia Sforza Cesarini, il Teatro Argentina venne inaugurato il 13 gennaio del 1732 con l’opera “Berenice” di Domenico Sarro.

A volerne l’edificazione e a finanziare il cantiere fu il duca Giuseppe Cesarini Sforza. Il progetto porta la firma dell’architetto Girolamo Theodoli, anche se la facciata è posteriore di quasi un secolo (risale infatti al 1826) e fu ideata da Pietro Holl (ispirata al Valadier) e realizzata dall’architetto Gioachino Ersoch (1887). Il teatro è stato oggetto di svariati rifacimenti in muratura e restauri. Nel 1837 se ne occupò Pietro Camporese il giovane, nel 1859 radicale trasformazione a cura dell’architetto Carlo Nicola Carnevali su disposizione del principe Alessandro Torlonia.

Riguardo alle proprietà, fino al 1826 fu del duca Giuseppe Cesarini Sforza che da quella data cedette il Teatro Argentina in enfiteusi perpetua  a Pietro Cartoni (fu allora che venne edificata la facciata e venne dipinto di azzurro il tetto con decorazioni di putti e e lo stemma dei Cesarini). Nel 1843 il teatro venne acquistato dal principe Alessandro Torlonia e fu rinnovato, soprattutto dal punto di vista tecnologico: venne, infatti, introdotta l’illuminazione a gas.

Nel 1869 il teatro passò al Comune di Roma e si decise di operare un ulteriore rinnovamento a cura dell’architetto Gioachino Ersoch che, tra il 1887 ed il 1888, rinnovò la platea, il palcoscenico, le scale di accesso ai palchi, l’atrio e dotò la struttura di un efficace impianto di riscaldamento. Nel 1926 Marcello Piacentini e Cesare Bazzani sistemano il foyer, tra il 1967 ed il 1971 il restauro sotto la direzione di Giulio Sterbini quando il Teatro Argentina passò alla gestione del Teatro dell’Opera di Roma. L’ultimo restauro è del 1993 e si deve a Paolo Portoghesi che si è limitato a quanto era necessario cambiare per rendere agibile il teatro, compresi i rivestimenti dei palchi e delle poltrone e i corridoi esterni di accesso. Anche le mantovane dei palchetti ripresero la sagoma a festone: il ritorno del rosso immediatamente riaccese il contrasto tra la sala, il palcoscenico e i palchetti che Marcel Proust definì “piccoli salotti sospesi“.

Il Teatro sorge in un luogo che ha una vocazione artistica fin dai tempi antichi. Qui,  in corrispondenza all’attuale Argentina, si trovava la grande aula detta Curia Pompeii, dove Giulio Cesare fu ucciso e che per quell’orribile delitto Augusto decise di far murare. Durò poco il veto, tanto che l’antica area teatrale venne restaurata e rimase in uso fino al quinto secolo dopo Cristo. In epoca moderna, subito dopo la sfarzosa inaugurazione del diciottesimo secolo, l’Argentina si conquistò immediatamente un ruolo di punta nell’offerta teatrale cittadina. Pur accogliendo spettacoli di ogni genere – spesso con balli e numeri sulla corda, raramente delle commedie – per tutto il Settecento il nuovo Teatro, chiamato a far fronte a una spietata concorrenza, si apre invece alle celebri feste del Carnevale di Roma, evento molto partecipato e celebrato nella capitale dello Stato Pontificio come a Venezia con grande sfarzo e coinvolgimento popolare.



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Riguardo alla facciata, il pianterreno bugnato presenta cinque ingressi ad arco sovrastati da altrettante ed analoghe finestre: a coronamento un bassorilievo, un falso attico recante l’iscrizione “Alle arti di Melpomene, d’Euterpe e di Tersicore” (una dedica destinata rispettivamente la musa della tragedia, della musica e poesia lirica e della danza) sormontato dal fastigio rappresentante un trofeo fiancheggiato da due figure di Fama.  Il “nuovo” teatro fu inaugurato il 4 febbraio 1888 con la Carmen di Bizet.

Il 20 febbraio 1816 Gioacchino Rossini presentò all’Argentina, in prima assoluta, il suo “Barbiere di Siviglia”, ma la claque assoldata da Paisiello, autore di un altro e concorrenziale Barbiere, ne decretò inizialmente un clamoroso tonfo. Si racconta pure che durante l’esecuzione dell’opera il compositore insultò uno spettatore dissenziente, che lo inseguì, furente, per le strade di Roma. Con la seconda rappresentazione fu un autentico trionfo. Accanto alle acclamate opere rossiniane, il teatro ha accolto con successo anche i capolavori di Domenico Cimarosa e Gaetano Donizetti, mentre è del 1827 l’applauditissimo concerto che Niccolò Paganini eseguì nella sala sovrastante il vestibolo. Anche diversi capolavori di Giuseppe Verdi furono messi in scena qui per la prima volta: è il caso di “Ernani” (1844), de “I due Foscari” (3 novembre 1844) e della “Battaglia di Legnano” (27 gennaio 1849).

Il teatro, per un certo periodo del Dopoguerra fino al 1958, ha ospitato anche i concerti dell’Accademia di Santa Cecilia. 

LE VISITE GUIDATE

Il Teatro Argentina propone visite guidate che sono veri spettacoli della durata di circa 60 minuti condotti dagli allievi dell’accademia nazionale d’arte drammatica “Silvio D’Amico”. Percorsi nel Teatro e di teatro tra storie e memorie: il museo, il foyer, il palcoscenico, la sala sino a concludersi nel refettorio del convento dei benedettini dell’Abbazia di Farfa, che si trova fra il Teatro e la Curia di Pompeo. Le visite sono programmate su richiesta di gruppi di almeno quindici persone (per un massimo di venti persone); singoli spettatori potranno, se lo desiderano, aggregarsi a gruppi già formati. Per info e prenotazioni: tel. 06.684.000.363 dal lunedì a venerdì oppure email a visiteguidate@teatrodiroma.net. Costo biglietto: intero 8 euro, ridotto 6 euro, scuole 4 euro.

Esiste anche un Museo del Teatro Argentina che ha sede all’ultimo piano dell’edificio (dal lato di via dei Barbieri 21), dove si trova anche l’unica delle otto “incavallature” (le strutture portanti per la copertura a volta) rimaste, in abete bianco costruita nel 1731 da Nicola Zabaglia. Il Museo espone materiale fotografico e documenti originali riguardanti la storia e l’attività dell’antico e glorioso teatro: gli abiti di scena de “I masnadieri“, elementi architettonici con affreschi, rilievi decorativi, disegni e ritratti di cantanti, attori e ballerine (fra le quali la famosa Fanny Essler), documenti sulle varie compagnie stabili che vi si sono succedute, locandine dal 1918 al 1944, bozzetti originali del Teatro di Roma. Si può visitare solo su appuntamento prenotando al numero di telefono 06/657390.