La Centrale Montemartini ovvero il Museo d’Orsay di Roma

La Centrale Montemartini, che sorge in via Ostiense 106, può considerarsi a ragione un esempio di riconversione in spazio museale di un edificio di archeologia industriale molto simile al più celebre Museo d’Orsay di Parigi. Nel caso della capitale francese siamo di fronte a una ex stazione monumentale costruita a cavallo tra il 1889 e il 1891, funzionante fino al 1950 e riconvertita a museo con un impegno statale di enormi proporzioni con apertura al pubblico nel 1986. A Roma siamo invece di fronte al riuso in chiave museale di una centrale per la produzione elettrica con macchine lasciate nel sito e valorizzate da una serie di suggestivi contrasti.

LA STORIA DELLA CENTRALE

La Centrale Montemartini è uno spazio che nasce nel 1912 e funziona fino alla metà degli anni Sessanta trovando la sua definizione museale in modo quasi occasionale in epoca abbastanza recente. Questa seconda giovinezza della struttura si va potenziando di anno in anno in termini di notorietà, incrementando il suo peso culturale e la suggestione che la sua architettura dispensa ai visitatori.

La Centrale Montemartini, collocata tra la via Ostiense e la sponda sinistra del Tevere, aveva come obiettivo l’esigenza di approviggionare la città di energia elettrica rendendola meno dipendente dalla centrale idroelettrica di Tivoli. La scelta della zona, poi, rispondeva ad un progetto mai realizzato o, comunque, attuato solo in minima misura: collocare nel quadrante ostiense l’area industriale di Roma ed il porto fluviale per merci che sarebbero arrivate via mare risalendo un canale artificiale da creare parallelamente al Tevere da Ostia levante (l’attuale Canale dei Pescatori).

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L’attività e la produzione di energia elettrica della Centrale, avviata quasi contemporaneamente alla municipalizzazione del servizio con ACEA, crebbe con il trascorrere degli anni, grazie anche all’uso dei grandi motori Diesel e all’utilizzo di nuove tecnologie, meccanismi che sono tuttora visibili nel museo. La centrale, peraltro, venne risparmiata nella seconda guerra mondiale attraverso un furbo espediente: l’esposizione di bandiere bianche e gialle, colori dei vessilli vaticani, che fecero intendere come l’edificio appartenesse alla Chiesa.

Verso la fine degli anni Cinquanta inizia il declino della struttura, causa i costi molto alti di gestione e la mancanza di automatismi, ormai necessari per impianti di grandi dimensioni; nel 1963 una parte della Centrale Montemartini viene dismessa per poi cessare, pochi anni dopo, in modo definitivo l’attività di produzione.

Seguirono più di vent’anni di decadenza degli immobili, smontaggio delle macchine e vari riusi degli ambienti, finché l’ACEA non decise di restaurare il corpo centrale del complesso, comprendente fra l’altro la Sala Macchine e la Sala Caldaie, conservando e restaurando le strutture murarie e alcuni dei macchinari che vennero ricollocati in situ, destinandolo a spazio per servizi direzionali e culturali.

La seconda giovinezza della Centrale nasce in modo per certi versi casuale nel 1997. In quell’anno inizia un importante restauro di diversi settori dei Musei Capitolini e si decide il trasferimento di molte sculture per la mostra temporanea “Le macchine e gli dei”. Si punta al suggestivo gioco di contrasti tra modernità e antico, tra archeologia classica e archeologia industriale, tra in nero della ghisa e il candore del marmo. L’accostamento funziona e affascina. Sono centinaia di migliaia i visitatori che scoprono la magia del luogo in relazione alle opere dell’epoca repubblicana e della tarda età imperiale.

A quel punto, dopo il rientro nel 2005 in Campidoglio di alcune delle opere, si decide di confermare la Centrale Montemartini come sede museale permanente, secondo polo dei Musei Civici di Roma dopo i Capitolini, ospitando i nuovi acquisti delle collezioni capitoline.



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LE OPERE CONSERVATE

Sono di inestimabile valore e di bellezza unica le opere conservate nella Centrale Montemartini. Già a partire dall’atrio si possono apprezzare alcuni sarcofaghi (sulla sinistra dell’ingresso) che evidenziano l’accuratezza dell’arte funeraria, non solo pagana ma anche nelle raffigurazioni cristiane. A destra, invece, una serie di pannelli e di gigantografie illustrano la storia industriale e produttiva della struttura. Le descrizioni attorniano una statua molto suggestiva. Si tratta del rilievo che ritrae Marco Virgilio Eurisace e la moglie: l’uomo era un fornaio evidentemente divenuto ricco possidente a giudicare dal monumento funerario rinvenuto a Porta Maggiore, del quale faceva parte la doppia statua.

Il rilievo funerario che mostra il ricco fornaio Marco Virgilio Eurisace e la moglie

Nella Sala delle Colonne, cosiddetta perchè articolata in sostegni di cemento armato per sorreggere le caldaie soprastanti, è presente una importante serie statuaria, non sono in marmo ma anche in peperino. In fondo al corridoio uno spazio espositivo sul lusso romano: la ricostruzione con pezzi originali di un letto da parata e, sulle pareti, un mosaico con scene marine dalla piscina di una villa rinvenuta in via Panisperna. Proseguendo il percorso si passa alla Sala Caldaie 2 nella quale sono conservati due vagoni del treno di papa Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti). Si tratta di un prezioso reperto storico: nel 1846, appena salito al soglio pontificio, Pio IX dispose la costruzione di alcune linee ferrate in concessione, che collegarono Roma con i principali centri dello Stato Pontificio (Albano, Ancona, Latina). l treno papale è stato realizzato nel 1858 per iniziativa delle società ferroviarie “Pio Centrale” e “Pio Latina”, che lo hanno commissionato ad aziende francesi per farne dono al pontefice. Il Papa ha viaggiato nelle sontuose vetture per la prima volta il 3 luglio 1859, raggiungendo la stazione di Cecchina (Albano) dalla stazione di Porta Maggiore, allora capolinea delle linee ferroviarie pontificie. Dopo il 1870 e la presa di Roma il treno venne accantonato e cessò la sua funzione. I vagoni in esposizione sono stati restaurati nella versione originaria.

Il treno di Pio IX

Riportandosi verso l’atrio, si salgono le scale per giungere al piano superiore, quello della Sala Macchine caratterizzata da due enormi motori diesel simmetrici della Ditta Franco Tosi di Legnano (1933). E’ possibile ammirare una statuaria di grande impatto artistico ed emotivo. Su tutte la statua di Agrippina Minore, la statua femminile acefala Vittoria dei Simmaci (entrambe provenienti dal Celio, 1885), il ritratto di Cleopatra (via Labicana, 1886), gli originali greci trafugati dai romani in età augustea del frontone del tempio di Apollo Sosiano, Aristogitone (Campidoglio, 1938) e poi i frammenti delle statue colossali di Ercole e di divinità femminili.

Uno scorcio sella Sala Macchine della Centrale Montemartini

Chiude il percorso la grande Sala delle Caldaie che contiene opere spettacolari, di una bellezza e di un fascino incommensurabili. Salendo sul mezzanino si può ammirare in tutto il suo splendore il mosaico policromo con la cattura di animali selvatici (gazzelle, orsi e cinghiale) per gli spettacoli del circo. Rinvenuto nel 1904 in quelli che sono definiti Horti liciniani, nei pressi della chiesa di Santa Bibiana, è databile al IV secolo d.C.: con le sue dimensioni, 15 metri per 9, è tra i più grandi mosaici policromi recuperati. Sicuramente tra i meglio conservati e tra i più belli. Tra le opere visibili nella Sala delle Caldaie anche una statua di Fanciulla seduta (II secolo d.C.) in marmo pantelico, la bellissima statua di Musa Polimnia (via Terni 1928) alta 159 cm, la statua di Marsia in marmo violaceo identica a quella dei Musei Capitolini (Parco degli Acquedotti, 2009), il gruppo con Satiro e Ninfa (Trastevere, 1889).

Per raggiungere la Centrale Montemartini con la metropolitana usare la Metro B direzione Laurentina fermata Garbatella. Attraversare ponte Spizzichino e attraversare via Ostiense.

Orari: da martedì a domenica ore 9,00/19,00. Chiusura: tutti i lunedì, 1° gennaio, 1° maggio e 25 dicembre. Biglietto: 9,00 euro (per i residenti di Roma 8,00 euro).

Gruppo marmoreo di Satiro che violenta una Ninfa